Tara, la liberatrice
Tara è uno dei buddha più amati del buddismo tibetano. Il suo nome significa “colei che libera”.
Tara ci libera dall’ignoranza, che è la radice dell’esistenza ciclica, e dal pensiero egocentrico, che ci impedisce di raggiungere il pieno risveglio di un buddha. Ci libera anche dagli otto pericoli, ognuno dei quali ha un aspetto esteriore e interiore: il leone dell’arroganza, l’elefante dell’ignoranza, il fuoco della rabbia, il serpente della gelosia, i ladri delle visioni errate, la catena di avaro, il diluvio dell’attaccamento e il demone del dubbio.
Come fa Tara a liberarci e proteggerci da questi pericoli? Certo non scende in picchiata dal cielo o fa scomparire magicamente una situazione problematica. Gli esseri illuminati non possono eliminare i nostri difetti, come estrarre una spina da un nostro piede. Né possono trasferirci le loro realizzazioni, come quando si versa dell’acqua in una ciotola vuota. Il modo fondamentale in cui Tara – o qualsiasi altro buddha- è di beneficio agli esseri senzienti è attraverso l’insegnamento del Dharma e l’ispirazione a indagarne il significato, in modo da raggiungere una corretta comprensione. Tara ci guida poi nella pratica della meditazione, in modo da generare quelle realizzazioni che trasformano la nostra mente.
Attraverso la pratica di ciò che impariamo, generiamo la saggezza che realizza la vacuità, e attraverso la meditazione sulla vacuità, purifichiamo la nostra mente dalle oscurazioni e attualizziamo la cessazione della sofferenza.
Quando chiediamo a Tara di liberarci, in realtà stiamo facendo appello alla nostra Tara interiore, ai semi della nostra saggezza e compassione. Man mano che coltiviamo queste qualità, esse ci proteggono dai danni inflitti dalle emozioni disturbanti.
Tara ci libera incarnando tutte le realizzazioni del sentiero. Visualizzando la sua forma verde smeraldo, fatta di luce, contempliamo il sentiero e ne interiorizziamo il significato, perché ogni aspetto della sua forma rappresenta un aspetto del sentiero per il risveglio. Tara ci libera anche offrendoci un modello di comportamento. Nata come principessa a cui era stato detto di pregare per rinascere uomo, Tara ha raggiunto il pieno risveglio in un corpo femminile, incoraggiandoci a superare qualsiasi pregiudizio, discriminazione o scoraggiamento possiamo incontrare.
Le strofe che seguono sono un inno a Tara composto da Gyalwa Gendun Drubpa (1391-1475), il Primo Dalai Lama.
Sui monti delle visioni errate della natura del sé, / gonfio di superbia, / dedito a ferire con gli artigli del disprezzo / vive il leone dell’orgoglio. / Proteggici da questo pericolo!
Sui monti delle visioni errate della natura del sé, / gonfio di superbia, / dedito a ferire con gli artigli del disprezzo / vive il leone dell’orgoglio. / Proteggici da questo pericolo!
Proprio come i leoni si aggirano nelle zone di montagna, la nostra arroganza e il nostro orgoglio sono di casa nelle visioni errate riguardanti la natura dell’”io”. Anche se l’io ha un’origine dipendente, l’ignoranza lo percepisce come esistente, indipendentemente da qualsiasi altro fattore. Questa visione completamente sbagliata è la radice della nostra sofferenza nell’esistenza ciclica.
Avendo una visione irrealistica del modo in cui esistiamo, ci comportiamo di conseguenza con gli altri: arroganti e superbi con quelli che riteniamo inferiori, invidiosi di quelli che consideriamo superiori e competitivi con chi consideriamo alla pari. Il nostro orgoglio genera disprezzo che, come gli artigli di un leone, provoca sofferenza. Queste azioni dannose perpetuano la nostra rinascita negli stati infelici dell’esistenza. La nostra arroganza, inoltre, ci impedisce di riconoscere quanto è dolorosa e difficile la nostra situazione nell’esistenza ciclica.
La saggezza che realizza la vacuità dell’esistenza inerente è l’antidoto ultimo a tutti gli otto pericoli interiori, perché vede la vera natura del sé, che è privo di esistenza indipendente o inerente. Tuttavia, poiché questa realizzazione richiede tempo ed è difficile da ottenere, nel frattempo possiamo adottare degli antidoti più semplici, uno per ciascuna particolare afflizione. Nel caso dell’arroganza, possiamo contemplare un argomento particolarmente difficile, come le dodici origini o i diciotto elementi, argomenti essenziali ma estremamente complessi. Riconoscere quanto sia limitata la nostra attuale comprensione ci rende meno arroganti.
Un altro antidoto è riflettere sul fatto che tutto ciò che sappiamo e ogni talento e abilità che abbiamo acquisito dipendono dalla gentilezza degli altri: qualcuno ci ha insegnato e addestrato, ci ha incoraggiato. Rendendocene conto, come possiamo essere arroganti, pensando di essere così speciali?
Fare prostrazioni ai Tre Gioielli aiuta ulteriormente a contrastare l’arroganza. Mentre ci inchiniamo, contempliamo le qualità dei Tre Gioielli e il rispetto e l’ammirazione sorgono nella nostra mente. Fare prostrazioni induce all’umiltà e alla rinuncia all’ego e ci rende studenti più ricettivi. Il cuore diventa più leggero, siamo in grado di ridere delle nostre debolezze, senza aver più paura che gli altri “ci scoprano”.
Sfuggito agli uncini affilati della consapevolezza e della presenza mentale, ottenebrato dai piaceri dei sensi, l’elefante dell’ignoranza imbocca il sentiero sbagliato, mostrando le sue zanne minacciose. Proteggici da questo pericolo!
Potente e fuori controllo, un elefante impazzito terrorizza chiunque incontri sul suo cammino. Allo stesso modo, le emozioni incontrollate, che derivano dall’ignoranza, conducono a una vita caotica, priva di chiare priorità. Intossicati dall’attaccamento ignorante ai piaceri dei sensi, facciamo di tutto pur di ottenere ciò che vogliamo. L’ignoranza ci porta su strade sbagliate che conducono solo a confusione e sofferenza.
Quando chiediamo protezione a Tara, facciamo appello alla nostra capacità di consapevolezza e presenza mentale introspettiva, due fattori mentali che svolgono un ruolo speciale nella mente. Come un domatore che sa in che modo sottomettere un elefante selvaggio e sfruttare la sua energia per scopi costruttivi, questi fattori mentali ci orientano verso un comportamento etico e la concentrazione meditativa. La parola sanscrita che viene tradotta come “consapevolezza” può anche essere resa anche come “ricordare” o “riportare alla memoria”. Quindi, per quanto riguarda la condotta etica, la consapevolezza ricorda i precetti che abbiamo preso e mantiene saldi i nostri valori; la presenza mentale introspettiva ci permette di vedere se stiamo vivendo coerentemente a essi. Nel contesto della meditazione, la consapevolezza è ciò che si concentra sull’oggetto della meditazione e lo trattiene, in modo che non venga dimenticato, e la presenza introspettiva è come una spia in un angolo della nostra mente che osserva se la distrazione, la pigrizia mentale o l’eccitazione si stanno insinuando, interferendo con la nostra meditazione.
Spinto dal vento dell’attenzione inappropriata,
turbinando nuvole di fumo di cattiva condotta,
Il fuoco della rabbia ha il potere di bruciare foreste di bontà.
Proteggici da questo pericolo!
Come un incendio incontrollabile, anche la rabbia ha inizio da una piccola scintilla. Alimentato dal vento di un’attenzione inappropriata – che si concentra sulle qualità negative di qualcuno o di qualcosa, spesso esagerandole – la rabbia divampa, distruggendo il merito e creando un karma distruttivo che maturerà in sofferenza.
La pazienza, la forza interiore, la capacità di mantenere la calma di fronte ai danni o alle sofferenze è l’antidoto alla rabbia. “Avere pazienza” non significa arrendersi passivamente o perdonare scioccamente un torto subito. Piuttosto, ci permette di avere quella stabilità e chiarezza mentali che ci servono per trovare una soluzione creativa ai nostri problemi. Valutiamo le possibili diverse risposte e scegliamo quella che porterà il maggior beneficio e il minor danno a tutti coloro che si trovano coinvolti nella situazione. Con la pazienza si agisce con fermezza, a volte con forza pacifica, altre volte con assertiva compassione.
Nascosto nel fosso oscuro dell’ignoranza,
Incapace di sopportare la ricchezza e le qualità altrui,
il serpente dell’invidia inietta il suo crudele veleno.
Proteggici da questo pericolo!
La gelosia e l’invidia, come altre emozioni inquietanti, deriva dall’ignoranza della natura della realtà. Come un serpente il cui veleno uccide una persona sana, la gelosia avvelena la felicità e la bontà nostra e degli altri. Sopraffatti dall’invidia, cerchiamo di demolire la felicità e il successo altrui. Ma alla fine, questo comportamento si rivela essere controproducente, perché anche se abbiamo successo nel nostro intento malevolo, non ci sentiamo bene con noi stessi. Gelosia e invidia non solo riducono il rispetto per noi stessi, ma soffoca anche la nostra pace mentale.
Rallegrarsi della felicità, dei talenti, della fortuna e delle buone qualità degli altri è l’antidoto alla gelosia. Quando gli altri sono felici o possiedono buone qualità, possiamo esserne contenti! C’è tanta sofferenza nel mondo e sarebbe sciocco desiderare che gli altri siano privati di qualsiasi felicità abbiano.
La gioia è il metodo per creare grandi meriti della persona pigra. Quando ci rallegriamo delle virtù altrui, accumuliamo merito come se fossimo stati noi a compiere un’azione positiva. La gioia ci sprona sulla via del risveglio e ci porta felicità immediata. (Fine prima parte)
Thubten Chodron – Tradotto da Oh Tara, protect us!